Innanzitutto ringrazio i miei amici
Laura e Franco per l'incoraggiamento.
Adesso vorrei raccontare la mia esperienza.
Alla fine dell'estate del 2005 mi accorsi, dalla sera al mattino, di avere un bozzo sul seno destro e cercai subito di contattare il mio senologo, ma solo ad ottobre riuscii a fare un ago aspirato e far analizzare il contenuto di questa ciste che era liquida. Responso: nulla di grave, ma avrei dovuto riperete l'ago aspirato dopo sei mesi e comunque sarebbe andata, avrei dovuto toglierla perchè era molto grande. Nel frattempo continuava a riempiersi di liquido ed a gonfiarsi, quindi facevo continuamente ago-aspirati per svuotarla. Stanca di aspettare a marzo mi feci ripetere l'esame. Nel frattempo ero in attesa che mi chiamassero per un altro intervento (calcoli renali), quindi andai da sola a ritirare il referto dal medico con l'intento di raggiungere un accordo per vedere quale intervento avrei dovuto fare per primo. Ricordo quel momento come se fosse stato ieri ed ogni volta provo quello stesso tonfo al cuore. Il dottore continuava a dirmi che prima di operarmi avrei dovuto fare una terapia ed io tranquillamente continuavo a discutere non capendo cosa volesse dirmi. Siccome poverino continuava a dirmi che dovevo fare una terapia, ma non era proprio esplicito, io ebbi come un'illuminazione ed al tempo stesso un ... diciamo tonfo al cuore (sarà stato un piccolo infarto!!!!) e provai a chiedere "dottore, intende dire una chemio terapia?". Credo che se invece di darmi quella risposta mi avesse tirato addosso un macigno, mi avrebbe fatto meno male!!!!
Sarei dovuta andare da mia madre a riprendere la mia piccolina (di appena 3 anni e mezzo), ma non capivo più niente. Mi misi alla guida con gli occhi completamente pieni di lacrime, chiamai mia madre dicendole cosa era successo e chiedendole di terene la bimba per qualche giorno. Arrivai a casa (40 minuti di guida) senza capire come avevo fatto. Passai dei giorni tremendi, riuscivo solo a piangere e nient'altro.
Poi sono andata a riprendere la bimba e mi sono imposta di non farle pesare il fatto e quindi di non farmi vedere piangere. Ho ripreso la mia vita normale, durante la giornata svolgevo tutte le mansioni solite, andavo in ufficio, pensavo alla casa, tutto come sempre. La notte invece piangevo sempre.
Da allora fortunatamente sono passati già diversi anni, nel frattempo ho subito quattro interventi allo stesso seno: prima quadrantectomia con asportazione del linfonodo sentinella, poi asportazione di recidiva nella zona del primo intervento, poi mastectomia ed infine di nuovo asportazione della recidiva e siccome il seno non c'era già più, mi hanno tolto il muscolo pettorale. Prima e dopo ognuno di questi interventi ho fatto la chemioterapia tradizionale e tra il primo ed il secondo intervento, dopo la chemio, ha fatto anche la radioterapia. Inutile dire che nessuna terapia ha fatto effetto, spesso c'erano di nuovo altri noduli mentre facevo le terapie.
Fino a quando non sono stati intaccati i linfonodi, prima quelli della catena mammaria interna e poi altri sempre nella zona del seno (polmone, vena cava, clavicola dx, ecc.) ed ho partecipato ad uno studio presso lo IEO di Milano utilizzando il
Sutent. Ho avuto ottimi risultati anche a basso dosaggio (25 mg), ma dopo un anno non ha più funzionato e adesso sono tornata a fare la chemio tradizionale abbinata ad un farmaco da prendere tutti i giorni (Endoxan).
A giorni dovrei ripetere la PET e vediamo come si continua. Si, perchè dopo il fallimento della terapia con il Sutent mi hanno detto chiaramente che non ci sono speranza di guarire, ma solo di cronicizzare la malattia, quindi dovrò fare terapie a vita.
Ho riassunto più che potevo, ma ho ancora tanto da raccontare, soprattutto il dubbio (avallato anche da qualche medico) che tutti quegli ago aspiarati siano stati complici, se non fattore scatenante, per la comparsa della malattia.
In tutta questa storia devo ringraziare più di ogni altri, due persone:
1) mia figlia: se non ci fosse stata lei avrei continuato a piangermi addosso e difficilmente sarei riuscita a reagire e ad affrontare tutto questo;
2) il mio datore di lavoro: in quei primissimi giorni in cui nè io, nè i miei familiari riuscivamo a ragionare per vedere cosa fare, lui mi ha subito fatto parlare con una sua amica malata e guarita, la quale mi ha messo subito in contatto con quello che attualmente è il mio
oncologo e mi ha spiegato tutto quello che mi sarebbe successo da quel momento in poi, dalla debolezza, dal cambiamento del sapore dei cibi, dai capelli che sarebbero caduti, che forse anche le unghie sarebbero cadute o si sarebbero deformate, dal fatto che mi avrebbero bloccato farmacologicamente il ciclo mestruale e anche che sosa significava farsi la chemioterapia: io non sapevo che si trattava di farmaci da assumere via endovena!!!!
Queste sono state le due, anzi tre persone che mi hanno dato l'imput giusto per affrontare tutto quello che mi aspettava, ma è soprattutto a mia figlia che devo la vita.