Storia di un vitello
Sono nato ieri sera; immediatamente sono stato allontanato dalla mia mamma, portato sul cemento e mi è stato messo uno stretto laccio al collo.
Non riesco a stare in piedi, sono spaventato, voglio la mia mamma, il suo calore, sentire le sue labbra, e invece sento solo le mani di una donna che mi prende per il collo e mi dice “su, stai in piedi, maledetto” ed io ho paura, tremo, non riesco ad alzarmi.
Si avvicina un’altra donna; mi si accovaccia vicino e inizia ad accarezzarmi. Sento le sue mani leggere sul mio corpo ed inizia a sussurrarmi dolci parole: “coraggio piccolino, lo so che ti manca la mamma ed hai paura. Sei qui da solo ed hai paura, ma devi farti coraggio”.
Mi abbraccia e cerca di farmi stare in piedi, ma io proprio non riesco.
Sono ancora sporco della placenta della mamma, sono appena nato e già inizio a conoscere la malvagità degli uomini.
Perché mi avete separato dalla mia mamma? Perché? Io ho bisogno di lei, ho bisogno del suo latte, delle sue ciucce, dei suoi insegnamenti, del suo muso che mi accarezza e invece…. nulla.
Sono qui da solo, buttato sul nudo pavimento e non so cosa fare.
Anche la mia mamma mi cerca, vorrebbe leccarmi, aiutarmi, darmi il suo latte e invece è dall’altra parte della stalla, allungata sul pavimento, ancora dolorante per il parto e per la separazione dal suo piccolino.
Chissà quanti figli ha messo al mondo e subito le sono stati allontanati per fare la mia fine.
Intanto la signora continua ad accarezzarmi piano piano, dolcemente e la paura un po’ passa, ma poi quando resterò solo chi mi aiuterà ?
Quando diventerà buio ed avrò paura chi verrà a farmi coraggio?
Vedo altri vitellini come me in un recinto, ma non posso avvicinarmi a loro: non so camminare e sono già legato con una corda al collo.
Come posso raggiungere i miei fratellini per farci un po’ di coraggio, per scaldarci un po’? Non posso. Dovrò stare qui da solo chissà fino a quando.
Un po’ distante da me c’è un altro vitellino nato due giorni fa; lui sta già in piedi e anche lui ha una corda al collo stretta come la mia e non può muoversi.
Dovremo stare qui da soli, con le nostre paure, fino a quando un camion non verrà a prenderci per portarci in un posto che gli uomini chiamano “allevamenti”; lì staremo qualche mese fino a quando qualcuno non verrà a prenderci e ad ucciderci perché la nostra carne fa molto bene ai cuccioli d’uomo.
Questa sarà la mia breve vita: mi hanno fatto venire al mondo per essere ucciso dopo pochi mesi; pochi, ma sufficienti per conoscere quanto sia sconfinata la malvagità dell’uomo.
Guardami negli occhi e pensa: anch’io sono un cucciolo bisognoso della sua mamma, di imparare da lei a camminare, a mangiare, di conoscere il mondo, e invece sono qui, sul nudo pavimento, incapace di fare qualunque cosa se non di soffrire.
E tutto perché qualcuno deve mangiare le mie carni.
Chissà quanto tempo ci vorrà ancora prima che gli umani imparino a rispettare tutti gli esseri viventi senzienti e a non mangiarli, ma ad amarli.
Per me non ci sarà più tempo, ma forse per i miei fratelli… chissà …
Guardateci negli occhi prima di mangiarci e vi leggerete dentro tanto amore e tanta dolcezza, cose che voi umani non possedete più presi come siete dal guadagno facile ed immediato sulla pelle di poveri esseri viventi come noi nati per compiacere il vostro palato.
Guardateci negli occhi e vi leggerete dentro la poesia più grande del mondo… se ne siete ancora capaci.
Un vitellino appena nato
“Chi mangia carne digerisce le agonie di altri esseri viventi”
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