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Vecchio 08-09-2007, 03:11 PM
Scuola Scuola non è in linea
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Originariamente inviata da Deps Visualizza il messaggio
Ho visto anche io questo documentario, magari chiediamo a scuola di pescarlo dalla rete.
Ma intendete "Una scomoda verità (an inconvenient truth)" del 2006 con Al Gore? Anche io l'ho visto.

Ho trovato una buona recensione qui:
Gli Spietati - Una Scomoda Verità

Il segnale di allarme è stato lanciato, già da tempo. Ma le proporzioni del disastro, dati alla mano, emergono dal documentario di Davis Guggenheim in modo talmente impressionante, persuasivo, da lasciare impietriti. Quella affermata dall’ex vicepresidente americano Al Gore, in ognuna delle numerose conferenze da lui presenziate, è realmente Una scomoda verità. Si tratta del surriscaldamento globale, la cui drammatica escalation è all’origine di mutamenti climatici che è sempre più difficile non attribuire alle attività umane, più in particolare alle emissioni di biossido di carbonio e di altri idrocarburi, responsabili del famigerato “effetto serra”. Ebbene, nonostante l’aggravarsi della situazione contempli fenomeni che diventano di anno in anno più preoccupanti, nonostante tutto lo sforzo operato dai più autorevoli scienziati per rendere consapevole l’opinione pubblica mondiale, c’è ancora chi continua a tapparsi le orecchie, pur avendo a disposizione tutti gli strumenti necessari a comprendere. La criminale omertà di chi antepone vili e lucrosi interessi privati al futuro stesso del pianeta accomuna quelle oligarchie, che sotto l’ala protettiva dell’amministrazione Bush non si fanno scrupolo di assoldare scaltri lobbisti e altri mercenari dell’informazione per mistificare la realtà, diffondendo teorie improbabili, ma rassicuranti. Va così in onda e sulla carta stampata il trionfo dell’ipocrisia.
Quale è invece la verità che costoro vorrebbero tenere nascosta? Ad illustrarci le tragiche conseguenze cui si va incontro è lo stesso Al Gore, che di simili ricerche ambientali cominciò a interessarsi da studente, ad Harvard, sotto la guida di un pioniere come il Professor Roger Revelle, tra i primi a misurare l’anidride carbonica nell’atmosfera. Vediamo Al Gore danzare tra i grafici, le proiezioni, le foto satellitari, arrivando a proporre filmati d’animazione a scopo didattico e un linguaggio quanto mai chiaro, accessibile, pur di fare entrare nella testa di ognuno l’attuale stato delle cose: non solo il cosiddetto “global warming” sta alterando pericolosamente gli equilibri ambientali del pianeta, ma continuando su questa strada la situazione è destinata a produrre danni irreversibili. Il discorso, sempre fondato sulla precisione delle analisi scientifiche e dei dati statistici, si muove perciò su due piani assolutamente complementari. Da un lato vengono presentate e discusse le anomalie comparse sulla Terra in questi ultimi decenni, tutti campanelli d’allarme di proporzioni ciclopiche, da mettere bene o male in relazione con l’emergenza climatica. Ghiacciai che si ritirano a velocità impressionante, laghi immensi che scompaiono favorendo la desertificazione, ecosistemi irrimediabilmente alterati dove l’estinzione di specie animali e vegetali aumenta vertiginosamente, tempeste tropicali che diventano sempre più frequenti e distruttive. Ed è così, finalmente, che tragedie più o meno recenti come l’uragano Katrina o il prosciugamento del Mare d’Aral possono essere contestualizzate in modo diverso, senza cioè che la forza cieca della natura sia ritenuta l’unica responsabile, quando è più che altro l’incapacità dell’uomo di gestire le risorse naturali a crearne i presupposti. Ma anche così siamo solo al prologo di scenari da giudizio universale. Vi è un altro punto importante, infatti, su cui Al Gore, Roger Revell, e gli altri scienziati che hanno compiuto studi in merito si trovano pienamente d’accordo: se non si interviene prontamente sulla fonte del problema e le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera continuano secondo i ritmi attuali, già adesso è possibile ragionare sugli effetti a lunga scadenza (neanche troppo lunga…) del “global warning”, proiettando nell’immediato futuro immagini da brivido. Per farla breve, si parla di scioglimento della calotta glaciale artica, brusco innalzamento del livello del mare, inondazione di vasti territori e desertificazione di altri, mutamenti sostanziali nel ciclo delle correnti marine, moltiplicarsi di tempeste tropicali e tornado; con intere popolazioni chiamate perciò a spostarsi dalle terre d’origine, formando così impressionanti masse di profughi, e parecchie specie viventi destinate invece all’estinzione. A questo punto non è da escludere che Mel Gibson, qualora passasse da queste parti e ci avesse imprudentemente ascoltato, spalanchi la bocca incredulo, esclamando: “Apocalypto!”
Eppure la minaccia incombente potrebbe essere ancora sventata. Un tentativo serio in tal senso è stato già effettuato, con quel Protocollo di Kyoto a cui lo stesso Al Gore aveva dato il suo appoggio, e che venne sottoscritto l’11 dicembre 1997 da più di 160 paesi. Soltanto che poi non venne ratificato (oltre che dall’Australia) proprio dagli Stati Uniti, le cui emissioni nell’atmosfera terrestre corrispondono al 36,1% delle sostanze incriminate. Perché questa marcia indietro? Purtroppo è storia nota, mentre Clinton negli ultimi mesi del suo mandato aveva firmato il Protocollo, lo sciagurato successore alla Casa Bianca, il texano dagli occhi di branzino, si è distinto anche per aver ritirato l’iniziale adesione degli USA. George W. Bush Jr aveva evidentemente altri interessi da difendere, non ultimi quelli di una lobby del petrolio disposta a qualsiasi meschinità, pur di mantenere inalterato il proprio potere. Valgano come esempio le scorrettissime manovre operate da società come la Exxon Mobil, che ogni anno spende diversi milioni di dollari per foraggiare organizzazioni pseudo-scientifiche e opinionisti di scarsa onestà intellettuale, pur di alimentare lo scetticismo in materia. Il prodotto che si vende è, in questo caso, il dubbio.
Detto ciò, è ancora più facile simpatizzare per Al Gore: l’ex vicepresidente da anni si batte per far emergere anche a livello mediatico questi problemi, nonostante gli avvoltoi della politica repubblicana, con in testa Bush padre, Bush figlio e il fido scudiero Cheney, da un periodo altrettanto lungo si sforzino di minimizzarne le argomentazioni, accusandolo di essere soltanto una “cassandra” e facendosi beffe della sua presunta isteria. La nostra scelta di campo, a questo punto, dovrebbe essere chiara. Eppure va riconosciuto che Una scomoda verità rischia di apparire, a tratti, come una sorta di “one man show”, visto e considerato che le dissertazioni di Al Gore sull’emergenza ambientale procedono a braccetto con frammenti della sua storia personale, esposti talvolta facendo riferimento a dolorose vicende familiari. È vero, questa insistenza sulla dimensione privata, estremamente umana del personaggio getta qualche ombra sulla riuscita complessiva dell’operazione, che a volte perde di vista il bersaglio. D’altro canto non ci sono ulteriori indizi che possano invalidarne la sincerità, la coerenza. Il documentario del figlio d’arte Davis Guggenheim, regista eclettico che ha avuto fortuna con serie televisive come E.R. e NYPD, risulta comunque autosufficiente, grazie al ritmo incalzante di una requisitoria vibrante, articolata, che non rinuncia mai all’ironia e all’arguzia, nel demolire le tesi dell’avversario. Questa è classe. Una classe che difetta invece a noi, esposti a meno vincoli e portati quindi a sommare le informazioni appena acquisite su George W. Bush Jr a ciò che già conoscevamo di lui, non solo sul piano della difesa ambientale, ma anche a livello di politica estera. Dove si è ormai ampiamente distinto quale promotore, volendo anche piuttosto imbranato, di violenze ed eccidi di massa. Qualora a qualcuno venisse in mente di definirlo un moderno serial killer, potrebbe giovare l’informazione pescata in un sito dedicato al mondo criminale (www.occhirossi.it): pare che l’ unica commutazione da pena di morte a carcere a vita, in tutta la carriera di George W. Bush Jr. come Governatore del Texas, sia stata in favore di Henry Lee Lucas. Sì, proprio il famigerato serial killer che in coppia con Ottis Toole ha ispirato il film Henry – Pioggia di sangue. Qualche favore, tra colleghi, non lo si nega mai.
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