Mi riallaccio al ragionamento di
Alberto in “risposta” al post di
Rossella.
Alberto mi hai solo preceduto perché condivido in pieno le tue parole. Anche a me quando mi diagnosticarono il tumore, ricordo che era già un bel malloppo di 11 cm per 10, mi crollò il mondo addosso. Le mie prime domande all’
oncologo furono: “ Ci sono cure che fanno sparire il tumore?”, alla risposta “attualmente, per il tumore renale, NO” la seconda fu “Quanto mi resta da vivere?”. Questo la dice lunga sullo stato d’animo che attraversavo.
Ovviamente i nostri cari, per quanto amore provino nei nostri confronti, non possono minimamente immaginare cosa abbiamo provato, e cosa ancora oggi proviamo. Una cosa che ho imparato subito, ed ha cambiato il mio modo di affrontare la vita, è che non faccio più programmi a lunga scadenza. Subito dopo il tumore non andavo oltre il mese, ora mi sono spinto a programmare al massimo 6 mesi avanti. Prima del tumore facevo programmi per gli anni a venire: ho comprato casa con un mutuo di 15 anni, immaginavo il matrimonio dei miei figli ecc. Ora, nonostante tutto, mio domando ancora: vedrò mio figlio laureato?, Conoscerò i miei nipoti? ecc. Comunque una cosa ho chiesto: prima sul posto di lavoro (fintanto che non sono andato in pensione), poi ai miei familiari, amici e parenti tutti:
NON trattatemi da malato, non soffocatemi, lasciate che mi arrangi da solo anche se con fatica. Ho preteso che mia moglie non lasciasse il lavoro, nemmeno nei lunghi e difficili momenti dei ricoveri (ho trascorso quasi due anni con periodi medi di 6 mesi alla volta in Oncologia medica). La mia gioia più grande era la sera quando mia moglie, che sapeva che non mangiavo nulla durante il giorno per via delle nausee, mi portava una pizza e la mangiavamo nel chiostro dell’ospedale (facevo una fuga dal reparto con la complicità delle infermiere). Era solo un’ora ma era intensa e felice, mi vengono le lacrime al ricordo per cui smetto.
Questi per dirti, cara
Rossella, che dovete trattare tuo padre come se niente fosse successo. So che è difficile ma vi dovete sforzare a non trattarlo e, principalmente, considerarlo un malato. Sarà lui, se e quando lo riterrà opportuno, a chiedervi un aiuto o a dirvi che non se la sente di fare una determinata cosa. In bocca al lupo.
Paola, proprio ieri sera, quando ho letto il tuo post, ho pensato le stesse parole di Alberto. Anzi ho pensato qualcosa di leggermente diverso: se le condizioni della malattia di
Edo lo permettono perché non tentare di asportare quello che si deve, fare un paio di mesi di pausa durante i quali fare la raccolta del seme, quindi tentare con la fecondazione assistita in modo tale che si possono fare più tentativi anche distanti nel tempo??? Forse le mie tesi sono sciocche e infondate ma è quello che ho pensato. D’altronde è sacrosanto che una coppia come voi, giovane e innamoratissima coroni il suo desiderio di avere un figlio, o anche più d’uno. Un fortissimo in bocca al lupo.
Matilde in effetti non mi sono sbagliato poi tanto sull’aspetto fisico di
Morgan. Sono contento che stiate attraversando un periodo felice e sereno, comunque positivo. Vi auguro che continui all’infinito. Mi sono dilungato troppo. Vi saluto e ci sentiamo presto. Ciao Franco