metastasi
Ciao Valentina, in altri tempi, quando il sutent in Italia non era ancora arrivato o comunque riservato a pochissimi pazienti scelti in doppio cieco, cioè ignari di cosa stessero assumendo tra sutent o placebo; gli oncologi quando le dimensioni delle metastasi non erano tali da essere trattati con chirurgia, nella maggioranza dei casi applicavano in un primo momento il protocollo IL2 associato con interferone, se le cose si stabilizzavano si proseguiva su quella strada, viceversa si veniva indirizzati nella maggior parte dei casi in chirurgia toracica. Io ebbi la “fortuna” di essere indirizzato dalla mia oncologa, da un grande chirurgo toracico che per la priva volta in Italia sperimentava l’asportazione delle metastasi mediante laser (oggi è abbastanza diffuso sul territorio). Questo metodo preservava la maggior parte della superficie polmonare che con tecnica tradizionale era impossibile. Io, secondo la mia personalissima esperienza, ho sempre predicato a chiunque si affaccia sul forum, laddove possibile, prima di passare al sutent, passare dal chirurgo e farsi ripulire ben benino, solo così il sutent potrebbe fare veramente la differenza. In altre parole, se il sutent trova una massa cancerogena troppo estesa, potrebbe fare più danni di quanto uno possa immaginarsi. Purtroppo, continuo a monitorare che, solo alcuni per fortuna, di costoro, insistono ad usare il sutent per ridurre la massa tumorale madre ( che vadano a vedersi l’operazione di Gian eseguita a Cornell, USA) altro che sutent, li era stato attaccato il ventricolo sinistro e non c’era tempo da perdere. Ribadisco: tanto di cappello a quei chirurghi.
Perciò, rimango dell’opinabilissima opinione che l’ammalato si metterà sotto sutent solo quando è corretto farlo, con particolare riguardo dopo l’asportazione della maggior parte delle metastasi nonchè esami appropriati che non pregiudicano la vita. Sempre in bocca al lupo per la Mamma.
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