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Bhe, molto spesso i prodotti con marchio del supermercato costano meno e sono buoni, perchè vengono prodotti da imprese qualificate e poi il distributore si limita a metterci il marchio.
Un altro trucco è quello di vedere dove viene prodotto un alimento: se lo stabilimento è nello stesso posto di uno famoso, allora sarà prodotto da quella ditta. Oppure se cercate la passata di pomodoro, se è prodotta in campagna, allora va bene! Per l'H2O invece guardate l'etichetta: il residuo fisso deve essere basso, i nitrati assenti e poi guardate i parametri che vi interessano (tipo il sodio per esempio). Poi occhio al posizionamento: ad altezza occhi vengono posizionati tutti i prodotti del supermercato, quelli che hanno un'immagine di marca forte vengono invece collocati in posizioni scomode, perchè magari, forti del proprio potere, impongono al distributore condizioni svantaggiose e quindi vengono penalizzati nel posizionamento (molto in alto o molto in basso). |
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Vi invito a guardare questo link sui GAS: Gruppi di Acquisto Solidale
Girodivite: Come comprare la frutta senza sfruttare né essere sfruttati “…[cut] Il successo dell’esperienza, che nasce dall’esigenza di mettere in contatto diretto consumatore e produttore alimentare con un rapporto commerciale equo per entrambi, porta all’espansione costante del raggio di azione. È il caso del “progetto detersivi”, avviato dalla Rete nazionale di collegamento dei Gas insieme ad Officina Naturae (Officina Naturae Cosmetici naturali e detersivi ecologici). La linea di detersivi biologici dell’azienda di Rimini è nata per servire principalmente i Gas. Circa quaranta gruppi da tutta Italia hanno eseguito un ordine di prova, sperimentando il tentativo di allargare l’organizzazione dei Gas anche a tipologie di acquisto che riguardano prodotti diversi da frutta, ortaggi e alimenti vari. I puristi della filosofia iniziale dei gruppi di acquisto solidale, che esprimono in questa pratica una precisa critica politica al consumismo, storcono il naso di fronte ad esperienze che dai Gas prendono in prestito solo l’aspetto del risparmio economico. Ma realtà di questo tipo sono destinate ad aumentare costantemente. Bid.it (bid.it! - La Vetrina) è un sito internet aperto a chiunque, dove è possibile effettuare acquisti sporadici senza alcun legame stabile con altri acquirenti. Questo sito offre una gamma di prodotti non alimentari, come abbigliamento, telefonia, film, libri e gioelli, acquistabili con diverse modalità. La più conveniente è quella dedicata ai gruppi d’acquisto: è possibile aggregarsi ad un gruppo già esistente o crearne uno nuovo interessato all’acquisto di un particolare prodotto. Il vantaggio consiste rapporto inversamente proporzionale tra numero di compratori e prezzo dell’oggetto. Realtà di questo tipo sembrano aver perso per la via la caratteristica di attenzione all’aspetto relazionale, solidale ed ecologico dei Gas. D’altra parte, perlomeno nel caso dei prodotti alimentari, diversi modi di vivere esigono diverse soluzioni per la stessa esigenza di un rapporto naturale con la merce acquistata. [cut]…” Fra le varie iniziative, si va a turno dal contadino, si raccoglie la verdura e si mangia cibo biologico appena raccolto che ha un sapore fantastico. Se poi aaron esclude a priori qualunque alimento naturale, compresa la verdura che sa di verdura, e invece preferisce quella che sa di acqua e pesticidi... beh, contento lui... Tra l'altro, lì si possono prendere latte e uova freschi, anche quelli presi in cascina, e garantisco che non hanno nulla a che vedere con la merce industriale. Poi ci sono iniziative parallele, acquisto di prodotti del mercato equo e solidale, ma tanto quelli son tutti NEGHER, quindi aaron preferirà che vengano giustamente sfruttati dal civilizzato americano ed europeo, purchè i prezzi rimangano bassi… |
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La spesa la fa mia madre che è un'accanita cacciatrice di offerte
Se vado io al supermercato a prendere qualcosa che va a me o che voglio usare per cucinare, guardo gli ingredienti il più delle volte, e se mi piace prendo la versione altromercato. Non mi interessa tanto la marca... Ad esempio certi succhi d'arancia in cartone mi fanno davvero schifo anche se sono di marca, tipo i Batik, perchè sanno di chimico... Invece il succo d'arancia "del dito" (la marca primo prezzo Auchan) è buonissimo e sa di arancia vera e non arancia chimica. |
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Ciao, bellissima idea, la mia scaletta in genere è la seguente
1) Prodotti non boicottati o sotto accusa (cerco sempre di non acquistare prodotti segnalati dalle varie associazioni x il consumo etico e critico: ad es. l'acqua Vera in un GS a due passi da casa è in perenne offerta, ecco per me può restarci in eterno!!, e via dicendo) 2) Zona di produzione (prodotti + vicini alla zona di residenza - inquinamento per trasporto) 3) Test marche super ( molti prodotti a marchio super sono meglio di quelli di marca ad es: per me Coop ed Esselunga) quindi testo per qualche volta i prodotti del super e se non mi convincono torno a quello di marca o cambio super 4) Non acquisto mai discount anche se all'interno del supermarket per ovvi motivi ( vedi condizione dei lavoratori) 5) rapporto prezzo/unità di misura, cioè il prezzo della confezione non è indicativo , guardo il prezzo al kg. o al lt. e di solito anch'io sto nel mezzo 6) tipo di confezionamento se la fretta non è prioritaria cerco di muovermi in questa direzione , ne risente positivamente anche la qualità.......e sicuramente mi dimentico qualche altro fattore, ormai lo faccio quasi a memoria A presto e di nuovo complimenti per l'idea dovrebbe nascerne una buona cosa, Saluti Mauro |
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Come al solito sono a fare il rompiscatole ed a volte ad andare controtendenza. Intanto mi vien da dire leggendo di vegan ed actarus vari che l’evoluzione ci ha creati onnivori ed ogni qual si voglia modificazione dell’apporto nutritivo all’organismo porta inevitabilmente a squilibri vari. Pensando ai primi ominidi che dovevano accontentarsi di poco, quando trovavano della carne anche “frollata” erano piuttosto soddisfatti. Gli estremismi non servono a nulla in nessun caso. Comunque concordo con l’essere più attenti all’etichetta dei prodotti, che per legge è tenuta a riportare luogo di confezionamento e quindi provenienza della merce, anche se può trarre in inganno. Perché anche se un alimento o un articolo sono stati preparati e confezionati nelle vicinanze del nostro comune di residenza è facile che la piattaforma logistica dell’azienda produttrice sia in un'altra regione, poi si passa alla grande distribuzione ecc.. Quindi il prodotto rischia di fare un sacco di km che non possiamo immaginare ne quantificare.
Credo che il fulcro del problema e l’unica cosa da fare sia di vedere quali sono i prodotti con l’imballaggio più ridotto o meglio riciclabile o biodegradabile (spesso sulla confezione c’è scritto), magari confezioni “ricaricabili” e via cosi. Si possono anche preferire i prodotti con l’ecolabel che altro non è che un marchio di efficienza ambientale del prodotto (esempio la margherita sui fazzoletti carta della coop), oppure informarsi sulle aziende produttrici che possiedono una certificazione ambientale e che quindi si impegnano nelle loro attività ad essere meno impattanti possibile a livello ambientale (da non confondere con le certificazioni di qualità). Saluti a tutti. |
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Io guardo sempre la zona di produzione, e scelgo quella più vicina alla mia zona, se possibile prodotti locali. La produzione biologica è il secondo criterio che uso per scegliere un prodotto, ma sempre subordinato al primo: la vicinanza della zona di produzione. Questo da quando ho quasi comprato delle patate da produzione biologica provenienti dall' Egitto! Non vorrei sapere le emissioni di CO2 causate dal trasporto di queste patate. Naturalmente poi evito la frutta fuori stagione, d'inverno per esempio l'uva, che viene importata via aereo dal Sud Africa o Sud America.
Poi non compro mai le verdure prodotte nella regione d'Almeria in Spagna che inondano il mercato europeo, e per sicurezza evito generalmente i prodotti spagnoli, non solo per le vie di trasporto che sono molto lunghe, ma anche per la qualità scadente e per lo sfruttamento di immigrati illegali molto diffuso in Spagna (non che in certe parti d' Italia sia molto meglio). I prodotti italiani comunque sono migliori e la loro zona di produzione più vicina. |
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Molto interessante il discorso.
Questo il mio criterio: VERDURE: compro solo quelle di stagione e cerco di prediligere quelle prodotte localmente PRODOTTI CONFEZIONATI: cerco di prediligere quei prodotti che magari anche se si presentano peggio, hanno una confezione ridotta e con prodotti più facili da smaltire/riciclare PREZZO: cerco comunque i prodotti in offerta ma stando attento alla marca Ora vi faccio due domande; 1 ma il cartoccio del latte che è fatto di cartone all'esterno e di alluminio all'interno dove và smaltito? Nella pattumiera generica? 2 a livello d'inquinamento è meglio utilizzare il latte nei classici cartocci descritti prima oppure nelle bottiglie di plastica? |
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Mah, infatti il dubbio sul tetrapak ce l'ho anche io.
Una volta ho scaricato una guida sulla raccolta differenziata prodotta nella mia città, Reggio Emilia, dove indicava appunto cosa e dove buttare i vari rifiuti domestici. Poi, un bel giorno mi è arrivato per posta un depliant, sempre del comune, dove su alcune cose non combaciava, e uno di questi era il tetrapak. ...l'ho adesso sotto gli occhi. Sulla carta dice che ci si può buttare: - scatoloni di cartone - giornali, riviste - sacchetti di carta - cartoni per bevande,latte e succhi di frutta - imballaggi di prodotti alimentari. Non so, secondo me non c'è una regola precisa e uguale per tutti...! Dipende forse anche da comune a comune, perchè c'è magari quello che poi divide veramente, come c'è quello (Napoli) in cui forse dividono, e quando arrivano in discarica buttano tutto insieme! E allora che divido a fare? PS. Io personalmente divido in tre contenitori separati. Il succo e il tetrapak li butto nella carta. Il latte probabilmente è meglio nelle bottiglie di plastica riciclata, se le trovi! O ancora meglio: da noi si stanno diffondendo i distributori in cui vai con la bottiglia di vetro e la riempi… Noi personalmente ci andiamo quando ci ricordiamo, per il resto tetrapak… |
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Come si riciclano i tetrapak?
Un lettore ci scrive chiedendoci come mai, visto che il tetrapak è riciclabile, in molti comuni dicono di buttarlo nel secco. Se nel vostro comune si possono buttare i tetrapak insieme alla carta, è perchè esiste un accordo di smaltimento particolare. Nella maggior parte dei comuni italiani questo accordo non c’è. Il Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica) riporta che nel 2002 il 35% degli imballaggi per bevande immessi sul mercato è stato avviato al recupero, parliamo di 38.000 tonnellate di tetrapak. Tetrapak, da analisi di flussi merceologici, è arrivata a stimare che il 23% dei cartoni per bevande riesce ad arrivare al cassonetto della carta e da lì prosegue verso uno dei 35 termovalorizzatori attivi in Italia. I cartoni poliaccoppiati (carta + plastica + alluminio) rappresentano circa lo 0.4% dei rifiuti prodotti da una persona, per questo è antieconomico (e antiecologico) raccoglierli separatamente. Il vostro tetrapak, dal cassonetto della raccolta differenziata o va ad un termovalorizzatore o va alla cartiera Santarcangelo o al centro di compostaggio di Modena. Alla cartiera di Santarcangelo, in provincia di Rimini, producono la cartafrutta e la cartalatte recuperando la cellulosa dei cartoni. (Qualche anno fa era a rischio di chiusura, ma ho visto della cartalatte nei supermercati Naturasì e alla Coop proprio qualche giorno fa, quindi dovrebbe esistere ancora). E’ più semplice separare gli elementi di questi imballaggi che, per esempio, staccare l’etichetta di carta che è stata incollata su una bottiglia. Bastano 20 minuti in un pulper, di pura azione meccanica, senza additivi chimici. La carta si spappola e le fibre vengono riasciugate in fogli, senza essere sbiancate o deinchiostrate. Dal polietilene e dall’alluminio si ricava il Maralhene, un materiale con cui si fanno arredi e gadget. Dai poliaccoppiati si può anche ottenere del compost. Lo producono a Modena, al Centro di Compostaggio di Fossoli di Carpi, e dicono che vada bene anche per l’agricoltura biologica. (Io non userei un ammendante che conteneva inchiostri, plastica e alluminio, ma non sono una coltivatrice diretta, per cui forse non valuto bene l’impatto di questi elementi). Dato che oltre il 70% del cartone è costituito da cellulosa, la Tetrapak considera i cartoni per bevande un biocombustibile. Due tonnellate di contenitori usati hanno un contenuto energetico pari a una tonnellata di petrolio. Sul sito di Tetrapak si legge: “se il cartone brucia in modo pulito, i sottili strati di polietilene si trasformano in vapore acqueo ed anidride carbonica, mentre l’alluminio diventa ossido di alluminio, un composto utilizzato nella produzione della carta.” Insomma: il tetrapak è potenzialmente riciclabile, ma la maggior parte dei tetrapak o finisce in discarica o finisce bruciata. http://www.ecoblog.it/post/1954/come...ano-i-tetrapak |
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Interessante questa cosa, ma mi chiedo, per poter rendere possibile il riciclo quindi dobbiamo usarne di piu... ma la tetrapack non potrebbe fare le confezioni in plastica alimentare come fanno in tanti, è riciclabile al 100% e non verrebbe bruciata. Da come la so io la tetrapack ha una tassa su ogni confezione prodotta essendo un suo brevetto chi lo vuole usare deve anche comprare tutta la linea di confezionamento tetrapack ed è vincolato per almeno 10 anni.
Buon prodotto ma è sbagliato il principio. Provassero a togliere le tasse sulle confezioni e il brevetto, secondo me le confezioni utilizzate aumenterebbero e conseguentemente il costo del riciclo diventerebbe accettabile. Altrimenti farei pagare la differenza agli svedesi che fanno tanto i brillanti sulla politica ambientale a casa loro. P.s. non sopporto la tetrapack...e ci ho anche lavorato!!! |
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Di solito io vado un po' a naso e poi controllo la composizione: evito grassi idrogenati (margarine) alias grassi trans-esterificati, cibi con troppi conservanti, cibi troppo sofisticati, con colori inverosimili. Poi annuso tutto: al supermercato sembro un segugio! Evito dolcificanti artificiali tipo aspartame, ecc., privilegio le confezioni meno "sprecone" e meno elaborate. Il prezzo è l'ultima cosa che guardo, non perchè abbia soldi da buttare ma perchè non me ne faccio nulla di un prodotto che costa poco e poi magari fa schifo. Purtroppo molto spesso i prodotti etichettati come "biologico" contengono un sacco di schifezze: bisogna stare molto attenti.
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Quote:
Ciao |
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Ciao!
Anch'io seguo gli stessi criteri: prima leggo gli ingredienti, poi la tabella nutrizionale, la zona di produzione, e poi il prezzo... che diventa determinante solo se è esagerato! Devo dire che di solito preferisco evitare i supermercati, e cerco di fare quanti più acquisti possibili tramite il GAS (Gruppo di Acquisto). In sostanza, per chi non lo sapesse, si tratta di un gruppo di persone che acquista in gruppo, privilegiando solitamente piccoli produttori locali, e ottenendo un po' di sconto grazie appunto al fatto che sono in molti e che spesso, facendo ordini magari bimestrali, facciamo una bella scorta. Per chi fosse interessato, esiste un sito dove ci sono tutti i GAS di tutte le città: ReteGas http://www.retegas.org/ Concordo anche sul biologico: attenzione, non sempre è sinonimo di qualità! |
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