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Mah, eppure è visitata!
Fossi in voi comincerei con il raccontare prima le vostre esperienze, e con calma secondo me si arriverà a rompere il ghiaccio anche per i visitatori. Io potrei anche aumentare la visibilità, solo se mi promettete che non li trascinate tutti di la... Giurin giuretto? |
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Torisel ,questo sconosciuto
xS.Marco.L'esperienza nostra si riduce a quanto già detto è un percorso che forse dovremmo iniziare,ma nn conosciamo ne i modi ne le caratteristiche e se qualcuno ,già lo sta usando come terapia,ti pregherei di facilitare l'ingresso in qualche maniera ,di coloro che ne san qualcosa.ti prometto che faremo i bravi!O perlomeno ci impegneremo...Grazie Maty
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In attesa di avere qualche esperienza, spero di aiutarvi suggerendovi questi articoli (ammesso che non li conoscevate già)!
FDA ha approvato Torisel nel trattamento del carcinoma a cellule renali... link Temsirolimus ha migliorato la sopravvivenza generale rispetto all’Interferone alfa nei pazienti con carcinoma a cellule renali metastatico... link Inoltre, se andate sul sito dell'Osservatorio Sperimentazioni cliniche dell'AIFA e vi registrate qui, potete poi accedere all'elenco dei centri che ospitano le sperimentazioni attive, questo qui (lo vedete solo dopo la registrazione). Se non volete registrarvi, l'ho fatto io per voi e vi posto la lista aggiornata a oggi. Quote:
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Esperienza Torisel/Temsirolimus
Quote:
Domani ho la n° 46 ed il ciclo attuale si conclude a fine maggio. Il farmaco ha funzionato ottenendo il risultato di bloccare la crescita det tumore. Nel 1999 ho subito l'asportazione del rene dx, sempre per una forma tumorale. Questa volta la presenza di metastasi per cellule migrate al pancreas e ghiandola surrenale non lascia spazio ad interventi, per cui ho accettato di entrare in sperimentazione. La terapia è svolta secondo il rigoroso protocollo, per cicli di 8 o 12 somministrazioni con frequenza settimanale, in day hospital. A fine di ogni ciclo vengono effettuati tutti gli esami per la rivalutazione. Se ti interessano ancora maggiori informazioni sono a disposizione. Mario Sono disponibile per ogni dettaglio. Mario |
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Mario
Ciao Mario, da dove ci scrivi?
io avrei alcune domande: dopo la nefrectomia sono comparse subito le metastasi? Oltre il Torisel hai esperienze con altre cure, altri protocolli?? quali sono gli effetti collaterali più fastidiosi? grazie!! Paola |
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notizie trovate nel WEB !!!
LUGLIO 2008
Ci sono tumori di cui si parla poco, se non pochissimo. Tra quelli- inspiegabilmente- più dimenticati dai media c’è senz’altro il carcinoma renale, nonostante esso rappresenti il 3 percento delle neoplasie maligne, con circa 50.000 nuovi casi diagnosticati in USA e 27.000 in Europa, di cui quasi 10.000 nel nostro Paese. Per rimediare, almeno in parte, a tale “dimenticanza” da parte della stampa e soprattutto per sensibilizzare l’opinione pubblica e informare sulle novità positive in fatto di ricerca, di recente a Milano si è tenuto un incontro con due autorevoli specialisti: Camillo Porta del Policlinico San Matteo di Pavia e Marco Bregni del San Raffaele di Milano. Per saperne di più Cominciamo col dire che il tumore del rene è la terza neoplasia urologica in termini di incidenza( dopo il tumore alla prostata e quello alla vescica). Tutte le fasce d’età possono essere interessate, anche se la malattia colpisce maggiormente soggetti di età superiore ai 40 anni, con un picco d’incidenza nella settima decade di vita e con un rapporto maschi/femmine di 2/1. Attualmente si registra un lento ma progressivo incremento dell’incidenza di questa patologia, che solo in parte può essere associato al miglioramento delle tecniche di diagnosi. “Purtroppo si tratta di un tumore che non dà facilmente segno di sé, né provoca dolore. Al massimo, si rivela con il sanguinamento nelle urine (ematuria). Insomma, è innegabile una certa difficoltà di diagnosi- conferma il professor Marco Bregni, direttore Programma Strategico Oncologia all’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano- , e in genere si arriva a diagnosticarlo tardi, quando ormai è già in fase metastatica”. Il carcinoma renale origina prevalentemente dalle cellule dell’epitelio del tubulo prossimale e la sua diffusione può essere: diretta: per infiltrazione dei tessuti limitrofi e della vena renale; linfatica attraverso le stazioni linfonodali regionali; ematica con interessamento di organi a distanza (polmone, osso, fegato, surreni, rene controlaterale, pancreas, tiroide). Attualmente sono stati individuati diversi fattori correlati al carcinoma renale. Fattori genetici: Storia familiare: aumento del rischio di sviluppare tale neoplasia nei parenti di primo grado di pazienti portatori di carcinoma renale, rispetto alla popolazione generale; ereditarietà: carcinoma papillare ereditario associato a mutazioni di un protoncogene; tumori renali associati alla sindrome di Von Hippel-Lindau (VHL): per mutazione di un gene oncosoppressore si manifesta associato ad altre patologie neoplastiche; carcinoma a cellule chiare non associato a manifestazioni della sindrome di VHL: dovuto ad una mutazione a livello del cromosoma 3. Per quanto riguarda le patologie renali vere e proprie, possiamo distinguere in malattia cistica acquisita: in pazienti sottoposti ad emodialisi per insufficienza renale; nefropatia da analgesici: associata all’abuso di fenacetina; alcune patologie renali, come il “rene policistico”, la glomerulopatia familiare, il cosiddetto rene a ferro di cavallo, che sono state per l’appunto associate al carcinoma renale. “Inoltre- aggiunge il professor Bregni- sullo sviluppo di questa neoplasia possono influire, anche se in maniera molto minore, elementi quali: ipertensione arteriosa, obesità, alimentazione, tabacco e alcuni fattori occupazionali che prevedono l’esposizione all’asbesto o ai derivati del petrolio. A rischio, infine, i lavoratori del pellame e chi ha a che fare regolarmente con metalli pesanti come il cadmio”. Diagnosi In genere questo tumore si presenta con la triade sintomatologica costituita dall’ematuria, dolore e massa addominale, associate a calo ponderale, astenia e febbre. Con l’aiuto degli esperti, veniamo a sapere che oggi la diagnosi si avvale di esami ematochimici (emocromo completo, azotemia, creatinina, transaminasi, LDH, fosfatasi alcalina) e soprattutto strumentali che descrivono l’estensione della neoplasia. Questi sono: l’ecografia, utile nel differenziare una lesione solida da una cistica e nella valutazione dei linfonodi locoregionali; la TC torace, addome e pelvi che valuta la natura e l’estensione della malattia; la RMN particolarmente utile per la definizione dell’interessamento della vena renale; la PET (tomografia ad emissione di positroni) predittiva per lo studio di metastasi a distanza; l’urografia per valutare lo stato funzionale del rene controlaterale in pazienti candidati a nefrectomia radicale; la scintigrafia renale con DTPA che studia il parenchima renale non interessato dalla neoplasia qualora sia necessario eseguire una chirurgia conservativa (nefrectomia parziale), o in presenza di neoplasie bilaterali; la scintigrafia ossea per valutare la presenza di metastasi scheletriche. Gli stadi della malattia Dal punto di vista patologico il carcinoma a cellule renali (RCC) può essere classificato secondo il classico approccio TNM (tumor nodes and metastasis staging system) in quattro stadi. L’ultimo stadio (stadio 4 o avanzato/metastatico) rappresenta il 25-30 percento dei casi alla diagnosi. I stadio: tumore confinato alla capsula renale. II stadio: tumore che infiltra la capsula ma resta confinato entro la fascia renale. III stadio A: tumore che infiltra la vena renale o la cava inferiore. III stadio B: tumore che infiltra i linfonodi regionali. III stadio C: invasione sia della vena renale o della cava inferiore, sia dei linfonodi regionali. IV stadio: invasione degli organi adiacenti (IV A) o metastasi a distanza (IV B) Le cure Chirurgia nefrectomia radicale negli stadi I, II, III associata o meno a linfoadenectomia regionale; nefrectomia semplice nel IV stadio con finalità palliative; nefrectomia parziale per tumori piccoli o in pazienti monorene o con neoplasia bilaterale. Radioterapia Adiuvante o postoperatoria nei tumori infiltranti la fascia renale o con linfonodi regionali positivi. E’ utile nel controllo delle recidive locali, ma non sembra dare un vantaggio nella sopravvivenza, come sottolinea il professor Camillo Porta: “La radioterapia sul rene non si usa in quanto non efficace”. Chemioterapia Nessun agente chemioterapico può essere considerato standard a causa dell’elevata chemioresistenza della neoplasia. Immunoterapia L’uso dei modificatori della risposta biologica rappresenta attualmente il trattamento di scelta nel tumore del rene avanzato e consiste nella somministrazione di farmaci che stimolano il sistema immunitario. L’impiego di alfa interferone e/o di interleuchina 2 sono stati in grado di determinare regressioni parziali della malattia con un aumento della sopravvivenza libera da malattia ad un anno, ma purtroppo non hanno sostanzialmente modificato la sopravvivenza globale dei pazienti, comportando inoltre effetti tossici alquanto severi. Nuove terapie Attualmente sono state introdotte nuove terapie più specifiche e mirate verso questo tipo di tumore con un profilo di tollerabilità migliore. In particolare, è stata evidenziata una serie di processi complessi che sono alla base della cancerogenesi, cioè della formazione dei tumori sui quali è possibile intervenire bloccando sia lo sviluppo diretto del tumore, sia la formazione di nuovi vasi ematici (angiogenesi) che veicolano al tumore le sostanze nutritive utili alla loro crescita. Le nuove molecole sono in grado di colpire selettivamente particolari processi della cellula tumorale e sono dette terapie molecolari mirate. L’importante ruolo dell’mTOR Premette il professor Camillo Porta, Oncologia Medica, Fondazione IRCCS presso il Policlinico San Matteo di Pavia: “ Con “mTOR” (mammalian target of rapamycin) definiamo una proteina chiave nella regolazione della proliferazione, crescita e sopravvivenza cellulare, che svolge un importante ruolo come modulatore della trasduzione del segnale di proliferazione. È stato infatti osservato che numerosi componenti, sia a monte sia a valle di mTOR, risultano alterati in differenti tipologie di tumori. Lo sviluppo di molecole in grado di inibire mTOR rappresenta una strategia terapeutica razionale per i tumori caratterizzati da alterazioni dei sistemi di trasduzione del segnale che coinvolgono mTOR. La via di trasduzione del segnale che coinvolge mTOR può essere di particolare rilevanza nell’RCC dal momento che la sua attivazione ha dimostrato di aumentare l’espressione genica di HIF-1? sia in termini di traslazione dell’mRNA sia in termini di stabilizzazione della proteina. L’inibizione di mTOR, inoltre, sembra avere anche un effetto antiangiogenetico probabilmente dovuto a inibizione sull’attività di HIF e conseguente riduzione dei livelli di citochine proangiogenetiche (quali VEGF). In conclusione, l’inibizione di mTOR può risultare efficace in pazienti affetti da carcinoma a cellule renali sia per inibizione diretta degli effetti a valle dell’attivazione del sistema PI3K-Akt-mTOR all’interno della cellula tumorale, sia per inibizione indiretta dell’effetto pro-angiogenetico di HIF sulle cellule endoteliali”. La novità positiva del nuovo farmaco oggi a disposizione- il nome della molecola è temsirolimus- consiste innanzitutto nel fatto che si allunga (passando da 6 fino 11-12 mesi in più) l’aspettativa di vita del paziente. “Inoltre- continua il professor Porta- si tratta di un farmaco non tossico, che si è dimostrato estremamente tollerabile: e la qualità di vita in tale tipo di pazienti è un elemento fondamentale. Infatti, abbiamo riscontrato effetti collaterali lievi e comunque facilmente gestibili”. “Insomma, si tratta di un farmaco unico nel suo genere, che fa da apripista a tutta una nuova famiglia di farmaci. Per quanto riguarda le indicazioni pratiche, esso viene somministrato in day hospital per via endovenosa, una sola volta la settimana”. Frutto della ricerca Wyeth, il farmaco (in attesa della sua approvazione) attualmente viene utilizzato per il cosiddetto “uso compassionevole”. La sua molecola, scoperta nel 1975 nella lontana Isola di Pasqua, ha iniziato ad essere oggetto di ricerca solo agli inizi degli anni ’90. Comunque oggi il farmaco da Catania (che assieme ad Aprilia, vicino a Roma, è uno dei due Centri di ricerca Wyeth) viene spedito in tutto il mondo (ad eccezione dell’America). I “farmaci orfani” Vale la pena, per finire, ricordare che cosa sono I cosiddetti “farmaci orfani”, dei quali finalmente si comincia a sentir parlare. Sono prodotti medicinali destinati alla diagnosi, prevenzione o cura di malattie o disturbi rari che mettono in pericolo la vita dei pazienti, o che sono comunque molto gravi. Le malattie rare sono quelle patologie che interessano un numero limitato di persone su un’intera popolazione, definite meno di 1 caso su 2000 persone. Un numero solo all’apparenza piccolo: infatti, si stima che oggi esistano 5000-8000 distinte malattie rare che colpiscono tra il 6 e l’8 percento della popolazione in totale. In altre parole: circa 24- 36 milioni di persone nella Comunità Europea. I farmaci sono detti “orfani” perché l’industria farmaceutica in condizioni normali di mercato è poco interessata a produrre e a commercializzare prodotti destinati solamente ad un ristretto numero di pazienti affetti da patologie assai rare. Per le aziende farmaceutiche introdurre nel mercato un prodotto farmaceutico per una malattia molto rara avrebbe un costo presumibilmente superiore al guadagno derivato dalla vendita del prodotto. Proprio per questo motivo, Il 16 dicembre 1999, il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno adottato un regolamento con l’obiettivo di sollecitare le industrie farmaceutiche e biotecnologiche a sviluppare e a commercializzare i farmaci orfani. Anche perché la rarità di tali malattie incide sulle possibilità della ricerca clinica, in quanto la valutazione di nuove terapie è spesso resa difficoltosa dall'esiguo numero di pazienti arruolabili nei trial clinici. Infatti la sperimentazione clinica per lo sviluppo di farmaci destinati alla cura delle malattie rare pone problemi del tutto particolari, in quanto si tratta di malattie poco conosciute e afferenti a diversi gruppi nosologici, con conseguente difficoltà a costituire gruppi sperimentali omogenei, nonchè di malattie che hanno un’ ampia dispersione territoriale con grandi difficoltà al reclutamento delle popolazioni sperimentali Secondo la normativa europea i criteri per definire un medicinale "orfano" sono: che il prodotto sia destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di un'affezione che comporta una minaccia per la vita o la debilitazione cronica e che colpisce non più di cinque individui su diecimila nella Comunità; che il prodotto sia destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia nella Comunità di un’ affezione che comporta una minaccia per la vita, di un'affezione seriamente debilitante, o di un'affezione grave e cronica, e che è poco probabile che, in mancanza di incentivi, la commercializzazione di tale medicinale all'interno della Comunità sia tanto redditizia da giustificarne l'investimento necessario. Indirizzi utili I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo Viale Golgi, 19 - 27100 Pavia Centralino: 0382 5011 Prenotazioni/informazioni: 0382 503.878-879-151 www.sanmatteo.org Medicina e Oncologia medica – prof. Camillo Porta - tel. 0382 5011 Istituto Scientifico Universitario San Raffaele Via Olgettina, 60 - 20132 Milano Centralino: 02 26431 Prenotazioni/informazioni: 02 26432643 www.fondazionesanraffaele.it Oncologia medica – Prof Marco Bregni – tel. 02 2643.7620 - 7609 Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi Viale Pieraccini, 17 - 50139 Firenze Centralino: 055 794111 Prenotazioni/informazioni: 840 003003 www.ao-careggi.toscana.it Oncologia medica - Prof. Francesco Di Costanzo – tel. 055 7947251 |
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rinfreschiamo
solo perché si sappia che si parla anche di questo
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In questo forum ho inserito tutte le notizie sulla cura AVASTIN + INTERFERONE che ha fatto mio suocero dal giugno 2009 al maggio 2010. Ecco il link: http://scuo.la/medicina/1712-avastin...a-terapia.html |
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ciao mario ho un problema con la mia mamma che avendo gravi tossicità sia con sutent che nexavar (sorafenib) probabilmente le indicheranno la cura che tu stai facendo con il torisel. Sono molto preoccupata xkè se va male anche questo farmaco non so cosa adotterà o nn adotterà l'oncologo. Quest'ultimo è quello che mi preoccupa di + che nn ce ne sia un altro a disposizione da provare. A te caro Mario come sta andando la cura quali sono gli effetti collaterali maggiormente fastidiosi o insopportabili??? Ti mando un bacio affettuoso ed un in bocca lupo enorme. bacio Luciana
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